Il mio zaino non è solo carico di materiali e di viveri:
dentro ci sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi, il mio carattere, la mia solitudine.
In montagna non porto il meglio di me stesso: porto me stesso, nel bene e nel male.
Renato Casarotto

Ho imparato che tutti quanti vogliono vivere sulla cima della montagna, senza sapere che la vera felicità sta nel come questa montagna è stata scalata.
Gabriel García Márquez

domenica 29 luglio 2012

Hochlicht (Alta Luce) 3184 m

Dall'autostrada A5 usciamo a Pont-Saint-Martin e seguendo le indicazioni risaliamo la valle di Gressoney, oltrepassata Gressoney-La-Trinité in pochi minuti arriviamo nell'ampio parcheggio di Staffal 1823 m.
Sono circa le 8.45 quando iniziamo a incamminarci verso il ponte che attraversa il Lys, dalla palina segnavia seguiamo la stradina a destra (set. 7) che dopo pochi metri diviene sentiero. Fiancheggiamo inizialmente il Lys, per poi discostarci leggermente verso destra, poco prima di una profonda gola. Con una serie di svolte giungiamo ad un bivio nei pressi dell'A. Cortlys, volgendo a destra risaliamo alle spalle dell'alpeggio e ci addentriamo in un bel bosso di larici. Durante l'intero percorso sarà un susseguirsi di piccoli torrenti, tutti tributari del Lys. Oltrepassato un tratto umido usciamo in vista di una morena che fiancheggiamo sulla destra in una piccola valletta con un torrente arrivando ad un bivio. Tralasciato il sentiero che prosegue diritto verso le sorgenti del Lys, deviamo a destra seguendo il segnavia 7c che risale tra i pascoli e con una diagonale a sinistra giungiamo ai ruderi dell'A. Salza inf. 2321 m.
Proseguiamo la salita in un vallone dalla morfologia tormentata, costituito da una serie di dossi alternati ad alcuni piccoli ripiani, il sentiero è sempre ben evidente e senza quasi accorgercene guadagniamo la testata della valle che si allarga in una vasta conca.
La attraversiamo verso sinistra in direzione di un grosso masso, poi con una serie di secche e ripide svolte su terreno detritico arriviamo al Colle Salza 2908 m.
Tralasciamo il sentiero che prosegue in discesa verso i rifugi Mantova e Gnifetti e volgendo a sinistra affrontiamo l'ampia e ripida cresta. A circa metà della salita, come se ci stessero aspettando a poca distanza da noi ci ritroviamo a tu per tu con un nutrito gruppo di stambecchi che beatamente riposano, ma che nel contempo come veri signori delle terre alte ci scrutano con sospetto. Dopo questo gradevolissimo incontro proseguiamo brevemente verso destra raggiungendo alcune brevi cenge, tornati nuovamente a sinistra arriviamo ad un primo pianoro oltre il quale con alcuni tornanti arriviamo ad un secondo pianoro con i resti del Bivacco Passera,
stranamente spazzato via da una bufera nel 1983 e non più ricostruito e del quale resta il solo basamento. In breve raggiungiamo la cima del!'Alta Luce o Hochliecht 3184 m segnalata da una campana, la vista è grandiosa sulle vette del gruppo del Rosa ricoperte da calotte ghiacciate, dalle quali discendono le lingue dei ghiacciai del Lys e d'lndren e sui possenti cordoni morenici.
Per la via del ritorno decidiamo di compiere un giro ad anello, devo ammettere che quando è possibile sia io che Danilo prediligiamo rientrare da un itinerario diverso dalla salita. Dalla cima seguiamo il sentiero 6b verso sinistra che attraversa in diagonale l'altopiano roccioso, perdendo leggermente quota arriviamo ad un bivio. Continuiamo ora seguendo il sentiero 6a ottimamente indicato, siamo sul bordo di un altopiano nell'alto Vallone d'Indren, la discesa prosegue a svolte tra balze levigate. Al seguente bivio trascuriamo la deviazione a destra per il colle di Salza e riprendiamo a scendere sino ad un pianoro alluvionale, ora il sentiero piega a sinistra e a saliscendi raggiunge alcuni piccoli laghetti.
La discesa ora si fa pronunciata e tra pendii erbosi giungiamo sul fondo di una piccola valletta, dove una chiusa raccoglie le acque del bacino d'Indren, fiancheggiamo l'impluvio arrivando al un bel ponticello in pietra dopo il quale giungiamo su una strada sterrata che seguiamo sino al termine a ridosso degli impianti di risalita.
A destra in prossimità della stazione d'arrivo della funivia imbocchiamo il sentiero 7a indicato da una palina segnavia. Scendiamo ripidamente lungo una scarpata rocciosa, oltrepassati i ruderi di Leisch attraversiamo il torrente Moos su un ponticello in legno portandoci sul fondovalle. Attraversato un ulteriore ponte ci riportiamo nuovamente sulla destra orografica, risaliamo qualche metro in un bosco di larice ed ontano, per poi discendere ad una stradina sterrata a poca distanza da un caseggiato. La seguiamo costeggiando il torrente sulla destra, dopo qualche minuto ignoriamo la strada a destra per l'A. Moos, e giunti poco prima di una curva seguiamo il vecchio sentiero a sinistra che ripidamente ci conduce in prossimità del torrente. In breve arriviamo sulla strada asfalta e passando accanto ad alcune baite ben ristrutturate raggiungiamo il parcheggio dove abbiamo lasciato l'auto.
Escursione ad alta quota per qualunque malato di montagna che sia però ben allenato.
Malati di montagna: Danilo e Fabio

verso le sorgenti del Lys


il Rosa a volte si nasconde...


...e a volte riappare in tutta la sua grandiosità



Salza inferiore 2.321 m 


alcuni sentieri non sai mai dove ti possono condurre...


....


un'incontro sempre gradito...


i veri signori del Rosa...!!!

 

Hochliecht (Alta Luce) 3184 m


grande soddisfazione...!!!


per chi suona la campana...?!?




verso il lago Gabiet


angoli solitari...


uno specchio verso il cielo...

domenica 15 luglio 2012

L'incanto della valle d'Otro

Dall’autostrada A26 prendiamo l’uscita per Romagnano/Ghemme e proseguendo sulla statale SS299 arriviamo ad Alagna (Im Land) 1191 m. Lasciata la macchina nei pochi posti disponibili non a pagamento ci dirigiamo verso il centro e attraverso le splendide case walser arriviamo nella via principale del paese. Svoltiamo a sinistra e dopo poche decine di metri seguiamo a destra le indicazioni per il TMR (Tour Monte Rosa). In breve arriviamo al bar/ristorante Unione, situato nella sede della più antica Associazione di Alagna, il Teatro Unione Alagnese, continuiamo in piano verso sinistra e oltrepassata la frazione Riale con la sua fontana d'acqua freschissima, in pochi minuti giungiamo sulla strada asfaltata, sul lato opposto in corrispondenza dei cartelli segnavia inizia la Olterstiga, ovvero la salita d’Orto.
Poco dopo aver oltrepassato un casolare, seguiamo il sentiero a sinistra verso la Caldaia d'Otro che merita sicuramente una visita per la bellezza e la spettacolarità del luogo dovuto alle profonde marmitte scavate nella roccia dalle acque delle cascate del torrente Otro alte circa 40 metri, purtroppo causa scarsa manutenzione in alcuni tratti bisogna porre un minimo di attenzione. Ritornati sulla mulattiera proseguiamo la salita costeggiando alcune graziose cappelle, giunti ad un bivio, tralasciamo il sentiero 3a che conduce ai laghi Tailly e alla bocchetta di Puio e svoltiamo a destra seguendo i segnavia (sentiero 3).
Con qualche tornante arriviamo alla graziosa chiesetta di Follu 1664 m, da qui si apre l'incantevole altopiano d'Otro con le sue leggiadre frazioni e pascoli, un luogo utilizzato da secoli dall'uomo che ha saputo integrare sapientemente nella natura tutti gli elementi della sua secolare esistenza, qui i Walser arrivarono nel 1306 provenienti da Gressoney. Il mio consiglio è di continuare senza aver fretta, in modo tale da poter osservare ogni piccolo dettaglio di questi luoghi davvero unici. Raggiunto il rifugio Zar Senni tralasciamo il sentiero a sinistra e continuando a destra passando per i vari villaggi di Dorf e di Scarpia 1726 m. La mulattiera prosegue tra pascoli e ontani selvatici, arrivati all'alpe Pianmisura Piccola 1782 m, poco prima di attraversare il rio Foric dalla palina segnavia seguiamo il sentiero a destra, volendo in pochi minuti si può raggiungere dalla parte opposta del torrente Pianmisura Grande 1854 m con l'oratorio settecentesco di San Giacomo.
Il sentiero segue per il primo tratto la sponda del torrente, poi piega leggermente sulla destra e pian piano attacca il costone erboso, sempre ben segnato ed individuabile, fino a raggiungere il Passo Foric 2432 m, aperto tra il Monte Torru sulla destra e le estreme propaggini del Corno Rosso verso sinistra.
Lo spettacolo che si può ammirare è superbo. Ai piedi si apre l'immenso solco del vallone di Olen, di fronte si eleva il Monte Rosa oggi però parzialmente coperto dalle nuvole.
Per la via del ritorno scendiamo verso l'Olen in direzione Nord-Ovest, dopo una decina di minuti di percorso pianeggiante iniziamo a perdere quota velocemente su terreno morenico, attraversato alcuni nevai raggiungiamo il fondo del vallone. Arrivati ad un bivio tralasciamo il sentiero a sinistra che sale al Sasso del Diavolo e al Col d'Olone e continuano a scendere verso destra raggiungendo l'Alpe Pianalunga e in breve l’ampio pianoro dell’Alpe Seiwji dove vi è il Rifugio Grande Halte, Città di Mortara ed il Ristorante La Baita 1949 m.
Proseguiamo sulla strada sterrata seguendo dove è possibile il sentiero n. 5, arrivati alla frazione le Piane 1380 m ci dissetiamo alla fontana da dove scaturisce un'acqua freschissima, attraversato il caratteristico borgo proseguiamo per qualche decina di metri su strada asfalta per poi riprendere a scendere seguendo alcuni cartelli segnavia. Il sentiero entra quasi subito nel bosco, tralasciamo sulla destra alcuni sentieri e continuiamo a perdere quota avendo ora come punto di riferimento il campanile della chiesa di Alagna. Arrivati alla frazione Bonda vicino agli impianti di Alagna proseguiamo fino a raggiungere il parcheggio dove abbiamo lasciato l'auto.
Malati di Montagna: Danilo e Fabio

Alagna (Im Land) 1191 m


caldaia d'Otro (Olter Chessi)


nel bosco strani personaggi...


Follu 1664 m


cresta nord del M. Tagliaferro


l'interno della chiesetta di Follu...


...e l'esterno


...


Rifugio Zar Senni



Pianmisura Piccola 1782 m


Pianmisura Grande


ancora pochi passi...


Passo Foric 2432 m con il Rosa...


Valle dell'Olen (In Olen)


Danilo scruta l'orizzonte...


si inizia a scendere...


...


torrente Olen (Olen boch)


alle Piane (Fum d'Boudma) 1380 m


villaggio walser


tipica costruzione walser


Piazza della chiesa - Alagna

domenica 8 luglio 2012

Pizzo dei Tre Signori 2554 e Cima Piazzotti 2349 m

PRIMO GIORNO
"La cima di Piazzotti...a tu per tu con gli stambecchi..."
Tondeggiante rilievo di cresta dal quale lo sguardo spazia su quattro valli diverse: le valli di Trona  e Tronella a Nord, in territorio valtellinese, le valli di Salmurano e  Pianella a Sud, in bergamasca.

L’incontro è fissato per le ore 8,00 di sabato, 07 luglio, a Legnano.
I protagonisti del “Minitrekking del Pizzo dei Tre Signori” e “minivacanza” sono:
Fabio;
Danilo;
Cesare;
Franco.
Partenza  alle 8,20. L’umore è alto e siamo tutti ben contenti di poter fuggire per questi due giorni dal mondo normale, dalla vita quotidiana e dal caldo umido. Il meteo è instabile ed un po’ di incertezza aleggia alla partenza, visto il violento acquazzone della notte.
Cesare si unisce a noi per la prima volta e notiamo subito che il suo zaino pesa incredibilmente. La prossima volta dovremo prevedere un radicale intervento di pulizia e svuotamento dello zaino. Danilo pensa ben di mettere alla prova il nostro esiguo quoziente intellettivo con degli indovinelli:
Qual è l’animale che prevede il futuro? Al silenzio generale e non poco sbigottimento, ci dice: l’Ape Maia.
Come fa l’uomo più veloce del mondo a non farsi raggiungere dall’orso? .… Deve correre insieme al secondo uomo più veloce del mondo.
Il messaggio che due armigeri medievali mandano al gran ciambellano del castello è il seguente: 2+2= 5. Qual’é il messaggio? … I conti non tornano .
Il traffico sulla strada statale della Valtellina è decisamente intenso, nonostante l’ora.
Da Morbegno percorriamo la strada che sale lungo il versante occidentale della Val Gerola dove si incontrano Sacco, Dosso e Mellarolo, frazioni montane del comune di Cosio Valtellino, Rasura, Pedesina e Gerola Alta.
Sosta caffè a  Gerola Alta per giungere poi al piazzale degli impianti di risalita a Pescegallo (1.454 m.).
Siamo in Val Gerola, una delle due valli del Bitto che si aprono a ventaglio all’altezza di Morbegno. L’altra valle del bitto è la Valle di Albaredo.
Apprendiamo che il formaggio è uno dei simboli di questa terra. Da secoli, durante il periodo estivo, sugli alti pascoli che si protraggono ben oltre i duemila metri, si produce il rinomato formaggio Bitto, ottenuto  con metodi e lavorazioni naturali e per il quale la Val Gerola e la Valle di Albaredo sono state riconosciute quale “Presidio Slow Food”.
Prima della descrizione del trekking, è opportuno comprendere dove siamo ed apprendere un po’ di storia di questa zona.
La catena delle Alpi Orobie è la prima che si incontra risalendo verso nord la pianura lombarda ed i rilievi prealpini. Il versante meridionale è più dolce con valli dalla morfologia più articolata e numerose articolazioni, mentre il versante settentrionale, quello valtellinese nella provincia si Sondrio, scende ripido verso la valle dell’Adda segnato dalle profonde incisioni vallive ad andamento quasi parallelo.
Su tale versante si estende il Parco delle Orobie Valtellinesi che corre lungo la linea di cresta dal Monte Legnone, ad ovest, fino al Passo dell’Aprica, ad est.
Il parco è stato istituito nel 1989; è un parco regionale montano-forestale dell’estensione di 44.100 ha. con quota minima a 850 m. e massima a 3.052 m. (Pizzo Coca), toccando venticinque comuni della provincia di Sondrio.
La vita delle Alpi Orobie ha inizio almeno centotrenta milioni di anni fa con la formazione della catena alpina, quando il continente africano e quello europeo convergono per poi entrare in collisione. Il culmine di tale processo si verifica circa quaranta milioni di anni fa.
La morfologia delle valli orobiche è il risultato di vari fattori che hanno contribuito all’erosione dei versanti, con particolare riferimento all’azione delle acque e dei ghiacciai.
I torrenti in effetti lasciano il segno tangibile nella loro parte finale delle valli, prima di sfociare nell’Adda, scavando profonde forre.
L’azione dei ghiacciai invece è riscontrabile nei caratteristici profili a “U” dei tratti più in quota, nelle morene, nelle rocce montonate (levigate dallo scorrimento del ghiacciaio) e nei circhi glaciali solitamente occupati da piccoli laghetti glaciali. Sul versante valtellinese delle Orobie affiorano rocce metamorfiche molto antiche (micascisti, gneiss e filladi) mentre lungo lo spartiacque prevalgono le rocce sedimentarie come il Verrucano Lombardo e la Formazione di Collio. All’interno di quest’ultima formazione sono rinvenibili impronte di fossili attribuite a rettili primitivi ed ai resti della pianta “Cassinia Orobica”, appartenente ad un genere mai ritrovato altrove.
Per la loro formazione, le Orobie Valtellinesi risultano caratterizzate da valli impervie e da una sfavorevole esposizione e costituiscono uno scrigno di importanti testimonianze di storia, arte ed etnografia. I segni degli antichi lavori sono testimoniati dai resti delle miniere di ferro e dei forni fusori, pile e  mulini, fino alle strutture per la lavorazione del latte, ancora oggi utilizzati, denominati “calècc”.
La religiosità popolare è testimoniata dalle numerose santelle, piccole chiesette ed affreschi devozionali. Altre tracce dell’attività dell’uomo sono le fortificazioni della Grande Guerra e la rete viaria dalle vie di transito più importanti per il trasporto delle merci, come la  Strada Priula, alle mulattiere percorse durante la monticazione o per l’esbosco del legname.
Seguiamo il Sentiero n. 101 che si snoda nel territorio di Bergamo a ridosso della cresta di confine con la Valtellina.
Alle 10,54 prendiamo la strada sterrata che risale il tratto terminale della pista di sci, abbandoniamo la sede carrabile  per giungere al Pianone di Salmurano (1.825 m.) dove si trova l’omonimo rifugio.
Poco soleggiato, il tempo è variabile con nuvole basse e vorticose con un curioso movimento quasi verticale sul pianoro. Pare non abbia però intenzione di piovere.
Seguiamo l’impianto di risalita di questo vallone verde ed erboso, costeggiando il frastagliato Filone della Rocca (detto anche i Denti della Vecchia) la cui cima più alta raggiunge 2.179 m..
Dal Rifugio Salmurano si intravvede già il Passo di Salmurano che raggiungiamo velocemente a 2.017 m..
Prima di raggiungerlo Danilo ci smuove ancora con l’ennesimo indovinello:
Quali sono i nemici degli Americani? Gli Amerigatti!
Dopo questa, tutti noi ci allontaniamo da Danilo nella speranza di recuperare l’equilibrio mentale messo a dura prova e ricalarci nel contesto dell’ambiente che ci attornia.
Foto di rito con la Madonna Bianca, coprendoci bene a causa del vento freddo e teso. Tra le nuvole si intravvede il nostro Sentiero n. 101 sulla destra della valle. Passiamo un tratto pianeggiante per rimontare il ripido canalone ove scorre l’acqua del pianoro superiore.
Velocemente siamo al Rifugio Benigni a 2.224 m..
Ora di arrivo: ore 13,00.
Sosta. E’ l’ora di pranzo ed il rifugio è pieno di clienti che pranzano.
Fabio e Danilo si rinfrescano e bevono l’acqua della fonte posta sul retro del rifugio. L’acqua proviene dal Lago Piazzotti. Attenzione! Non è potabile, ma lo scopriranno solo più tardi, senza peraltro il manifestarsi degli effetti collaterali.
Pranzo al sacco leggero e puntiamo la Cima di Piazzotti a non oltre trenta minuti dal rifugio. La tocchiamo velocemente e sempre tra le nuvole bigie.
Scorgiamo il Pizzo di Trona con il sottostante Lago Rotondo e, in fondo alla Valle di Trona, il Lago di Zoncone, il Lago di Trona e sulla destra il Pizzo di Mezzodì ed il Pizzo Tronella.
Sulla destra ancora si vedono i Denti della Vecchia che dalla Piazzotti sembrano piccolo piccoli.
Franco e Danilo adocchiano il Pizzo di Mezzaluna a 2.373 m., risalendolo per un pendio erboso il cui tratto sommitale si rivela la toilette degli stambecchi.
Arriviamo poco sotto quella cima e ci godiamo la vista a 360 gradi, sovrastanti il Lago Piazzotti.
Non scorgiamo stambecchi. Solo un ermellino. Facciamo il giro del lago ed al rifugio il gestore ci assegna la camera che è il locale invernale con sei posti letto.
Ci avvisa anche che l’acqua del rifugio e della fontana esterna proviene dal lago, e non è potabile.
Fabio e Danilo si guardano preoccupati per la loro bevuta iniziale ma andrà bene, come già accennato.
Ci consoliamo con tè, fetta di torta di grano saraceno e crostata, più sonnellino.
Verso le 16,00 si avvicina al rifugio un gruppo di una decina di stambecchi, fermandosi a pochi metri da noi. Sono le star del momento, protagonisti di foto e filmati di tutti i clienti del rifugio.
Il rifugio e senza la doccia; attendiamo la cena sino alle 19,30.
La fame si fa spietata e la cena è così servita:
Minestrone o risotto stracun;
Salsiccia con polenta e piselli;
Dolce: torta della casa.
Verso le 21,40 ci corichiamo. Il cielo si è un po’ aperto e confidiamo per il giorno seguente, vista l’intensa nuvolosità della giornata.
Il locale invernale è di sei posti, quattro nostri e due riservati alle due escursioniste giunte nel pomeriggio che, pur con molte incertezze, vorrebbero fare il medesimo nostro giro.
Non hanno una cartina della zona e gliene regaliamo una delle nostre.
Danilo, prima di coricarsi, chiude la finestrella alla cui maniglia è appeso un reggiseno.
Ovviamente abbiamo subito pensato che fosse suo. Sogni d’oro Danilo…

SECONDO GIORNO
"Il Pizzo dei Tre Signori"
La classica delle classiche, in voga prima che venisse realizzata la strada per Pescegallo: gli ospiti di Gerola si sentivano in dovere, almeno una volta durante il periodo di soggiorno, di salire al “Tre Signori” che è la vetta più alta della valle.
Il Pizzo dei Tre Signori un tempo rappresentava il confine fra la Signoria di Milano, la Repubblica di Venezia e i Grigioni. Oggi la vetta mantiene ancora la sua posizione di confine anche se separa solo le tre provincie di Sondrio, Como e Bergamo.

Sveglia alle ore 6,30, colazione alle 7,30, partenza alle 8,10.
Cielo plumbeo e nuvolosità intensa. Nuvole basse ... molto basse.
Costo del pernottamento con mezza pensione; euro 30,00, extra a parte.
Oggi incontreremo l’Homo Selvadego, in realtà senza accorgersi che in realtà è tra noi….
L’Homo Selvadego è il simbolo della storia, della cultura e della tradizione locale. Una mitica e singolare figura umana rappresentata in un dipinto del 1464 nella celebre “camera picta” in una casa che ospita anche il Museo dell’Homo Selvadego della contrada Pirondini di Sacco.
Secondo la leggenda, l’Homo Selvadego vive a contatto con la natura in luoghi isolati, sulle montagne e nei boschi. E’ timido e rifugge dal prossimo. A volte entra in contatto con gli uomini, divertendosi a tirare brutti scherzi agli alpigiani o insegnando loro i segreti della lavorazione del latte, di cui è maestro.
Egli appare, dunque, nella sua versione positiva: “E sonto un homo selvadego per natura – chi me offende ge fo pagura”. La paura viene vista come unica punizione per chi manca di rispetto a questo essere che rimanda al mito dell’originaria alleanza tra uomo e natura.
Riprendiamo il sentiero per arrivare alla Bocca di Trona a 2.224 m., costeggiamo la parte superiore della Valle di Trona e percorriamo il sentiero nella nebbia con pochi metri di visibilità sino alla Bocca d’Inferno a 2.306 m.; da qui iniziamo la salita al Pizzo dei Tre Signori.
Tocchiamo la cima (2.554 m.) verso le 11.00. La fortuna ci assiste visto che in prossimità della cima si presentano i primi squarci nella densa nuvolaglia, per poi avere velocemente una bellissima giornata di sole piacevolmente caldo.
Sosta, foto di rito, libro di cima (???Fatto), memorizzazione e godimento del panorama dalla vetta, prima nascosto dalle nubi.
Ripercorriamo il sentiero della salita. Attenzione alle rocce molto scivolose in alcuni tratti per la sola umidità. Giunti nuovamente alla Bocca d’Inferno, percorriamo il sentiero che ci conduce all’incantevole Lago dell’Inferno a m. 2.085, passando anche sotto l’interessante Pizzo di Trona.
Dalla Valle dell’Inferno arriviamo al Lago di Trona a 1.805 m. nella parte inferiore della Valle di Trona, sotto il Pizzo Tronella.
Si aprono poi gli spazi verdi della più bassa Valle della Pietra. Superiamo la base del Pizzo del Mezzodì entrando nella Valle di Tronella.
Nel bosco della sua parte inferiore, prima di toccare Pescegallo, vediamo un cartello raffigurante l’Homo Selvadego. Tutti noi ci guardiamo e non possiamo non notare la notevole rassomiglianza con l’amico Fabio…

Verso le 15,00 siamo al piazzale per rinfrescarci e dissetarci, per poi ripartire.
La relazione è stata scritta magistralmente da Franco che ringraziamo.

by Franco







by Danilo


il mitico canalino prima del rifugio Benigni


meditazione...


Homo Salvadego


by Cesare


che mattacchioni...!!!


PRIMO GIORNO

poco dopo la partenza da Pescegallo 1454 m


rifugio Salmurano 1848 m


alla bocchetta di Salmurano 2017 m


Cima Piazzotti Occidentale
o di Valpianella 2349 m


prima che le ombre della sera calino attorno al rifugio...



passare una notte al rifugio Benigni,
credetemi sono soldi spesi bene...!!! 



rifugio Benegni 2222 m


SECONDO GIORNO

si parte con un cielo plumbeo...


ma il nostro passo è più sicuro che mai...!!!


anche tra le nuvole non ci sconfortiamo....


Pizzo Tre Signori 2554 m
Il Pizzo Tre Signori era il punto di confine fra tre diversi stati: il Ducato di Milano, la Repubblica delle Tre Leghe e la Serenissima Repubblica di Venezia. Questo ne ha determinato il nome e ora è rimasto fra le tre province di Sondrio, Lecco e Bergamo.


tutta la nostra fatica è premiata...


vorremo non dover scendere...


....


durante la discesa i panorami si succedono...


i laghetti alpini certo non mancano...


Lago d'Inferno



Rifugio F.A.L.C.
Ferant Alpes Letitiam Cordibus (le Alpi portino letizia ai cuori)


Diga di Trona (1.805 m)
La particolarità della Diga di Trona è che lo sbarramento resta nascosto fino all’ultimo sia che si giunga da Pescegallo sia da Gerola. Il Lago di Trona era chiamato anche Lago delle Trote, come risulta dalle carte dell’Istituto militare di Firenze, pare per l’abbondante presenza dei pesci nel lago. Assunta la denominazione anche di Lago delle Trote, ci si chiede se era il Lago delle Trote o i Laghi delle Trote. Premessa la debita distinzione del Lago di Trona dal Lago Zancone, disposto ben sopra nel senso della valle, l’inizio della costruzione della diga di Trona risale al 1939, rientrante nel complesso delle opere progettate per l’utilizzazione delle risorse idriche dell’alta valle del Bitto. L’esistenza dei due Laghi delle Trote risulta dalla mappa realizzata nel 1936 da Giovanni De Simoni, pubblicata nell’articolo sulle Orobie della Val Gerola. Negli anni successivi la nuova diga ha sommerso entrambi i Laghi delle Trote.


Val Gerola


durante la discesa verso Pescegallo


capra orobica