Il mio zaino non è solo carico di materiali e di viveri:
dentro ci sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi, il mio carattere, la mia solitudine.
In montagna non porto il meglio di me stesso: porto me stesso, nel bene e nel male.
Renato Casarotto

Ho imparato che tutti quanti vogliono vivere sulla cima della montagna, senza sapere che la vera felicità sta nel come questa montagna è stata scalata.
Gabriel García Márquez

domenica 20 giugno 2010

Incontro delle genti al Passo del Fornalino

Poco prima di Cheggio 1497 m lasciamo l'auto negli spazzi adibiti a parcheggio, calzati gli scarponi ci avviamo verso il paese per poi deviare decisamente a destra e attraversando i prati arriviamo su una strada sterrata che conduce agli alpeggi sovrastanti. Un sole pallido, cerca di uscire dalle nuvole, ma oggi sarà un'impresa ardua, dopo aver attraversato alcuni ruscelli carichi d'acqua abbandoniamo la strada nei pressi dell’acquedotto per seguire il sentiero contrassegnato con i segni bianco/rossi che sale al centro del vallone. Davanti a noi vediamo già il gruppo che partendo prima è già molto avanti, oggi è una giornata speciale, come da tradizione ogni due anni le popolazioni della valle Bognanco e della valle Antrona si incontrano al passo Fornalino, per risaldare l'amicizia che li lega da tantissimi anni e che solo la gente di montagna è capace di mantenere.
Dopo essere passati accanto a un grosso masso con sulla sommità una croce in metallo arriviamo all'alpe Merli le cui baite si vedono sulla destra, riprendiamo a salire fra grandi blocchi e cumuli di sassi dovuti allo spietramento del pascolo per ricavare più erba possibile. Dietro di noi l'Andolla è martoriata da una bufera di neve lo si sente anche dall'aria gelida che scende verso valle, arriviamo all'alpe Merli superiore 1851 m, dove ci voltiamo per osservare alle nostre spalle il suggestivo contrasto del colore del Bacino dei Cavalli con le montagne circostanti. Ora il sentiero inizia a salire ripidamente arrivando al primo nevaio che evitiamo costeggiandolo sulla sinistra, al secondo nevaio molto più esteso lo attraversiamo quasi centralmente, la neve si presenta ancora molto dura a tratti quasi ghiacciata. Usciti dal nevaio veniamo salutati dall'amico Dante del CAI di Villadossola che ci accoglie nel suo gruppo con grande cordialità, dopo alcuni tornanti eccoci al passo Fornalino 2345 m, c'è davvero molta gente, le nuvole rimanendo alte ci consentono di ammirare tutta la Val Bognanco da dove ancora alcune persone stanno risalendo e gran parte della Valle Antrona, solo il versante dell'Andolla è coperto. Ci sono anche alcune signore con i loro bellissimi abiti tradizionali e anche parte della banda di S. Cecilia della Val Boganco che portando gli strumenti fino al passo ci allieta con deliziose note musicali che sembrano disperdersi alte verso le cime...
Iniziamo a scendere tutti assieme sul medesimo percorso dell'andata, facendo comunque attenzione nell'attraversare il nevaio, dove comunque alcuni ragazzi ci danno dimostrazione con il loro lungo bastone di possedere grandi qualità di sciatori. All'alpe Merli sup. ci fermiamo a mangiare, per riscaldarci non manca il vino e i bellissimi canti di montagna, l'aria gelida aumenta e alcuni fiocchi di neve trasportati dalle alte cime ci destano a scendere verso Cheggio, poco prima però di arrivare in paese la banda ci delizia ancora con la loro musica e il CAI di Villadossola intona un bellissima canzone sull'amicizia, creando un'atmosfera da pelle d'oca. Dopo la visita alla graziosa chiesa di Cheggio salutiamo i nostri nuovi amici e in particolare Dante con la promessa che un giorno ci incontreremo di nuovo, magari ancora per Terre Alte.
In conclusione una giornata davvero particolare, la Valle Antrona è per l'escursionista uno scrigno di tesori, bisogna solo scoprili, l'escursione al passo Fornalino non presenta particolari difficoltà tranne i residui di qualche nevaio, il dislivello è di poco inferiore ai 900 m, quanto tempo ci vuole? caricate lo zaino sulle spalle e partite, assaporando questo meraviglioso mondo!!!
Malati di Montagna: Franco e Fabio con tanti amici e un'unica passione!!!

in abiti tradizionali al passo...

il bacino dei Cavalli

musica d'alta quota!!!

discesa lungo il nevaio

martedì 15 giugno 2010

Giorgio Gaber - La Libertà

Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Vorrei essere libero come un uomo.

Come un uomo appena nato
che ha di fronte solamente la natura
e cammina dentro un bosco
con la gioia di inseguire un’avventura.
Sempre libero e vitale
fa l’amore come fosse un animale
incosciente come un uomo
compiaciuto della propria libertà.

La libertà non è star sopra un albero
non è neanche il volo di un moscone
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione.

Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Come un uomo che ha bisogno
di spaziare con la propria fantasia
e che trova questo spazio
solamente nella sua democrazia.
Che ha il diritto di votare
e che passa la sua vita a delegare
e nel farsi comandare
ha trovato la sua nuova libertà.

La libertà non è star sopra un albero
non è neanche avere un’opinione
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione.

La libertà non è star sopra un albero
non è neanche il volo di un moscone
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione.

Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Come l’uomo più evoluto
che si innalza con la propria intelligenza
e che sfida la natura
con la forza incontrastata della scienza
con addosso l’entusiasmo
di spaziare senza limiti nel cosmo
e convinto che la forza del pensiero
sia la sola libertà.

La libertà non è star sopra un albero
non è neanche un gesto o un’invenzione
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione.

La libertà non è star sopra un albero
non è neanche il volo di un moscone
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione.

domenica 13 giugno 2010

Val Vertova uno degli angoli più suggestivi della Valle Seriana

Dall'autostrada A4 direzione Venezia esco al casello di Bergamo, poi seguendo le indicazioni per la Valle Seriana/Clusone arrivo a Vertova, raggiunta P.za V. Veneto proseguo lungo la strada per la Val Vertova, dopo circa 3 km arrivo in località Rosèt 480 m, costeggiato il ristoro GAV (Gruppo Alpinistico Vertovese) dopo qualche decina di metri su strada sterrata raggiungo il parcheggio. Superata la sbarra inizio a salire lungo la bella mulattiera acciottolata, in questo tratto il percorso è davvero suggestivo, si costeggia il torrente Vertova, in qualche punto bisogna guadarlo con piccoli ponti o aiutati da alcuni sassi messi apposta in aiuto degli escursionisti. Durante il percorso sono innumerevoli le occasioni in cui ci si può soffermare per scattare fotografie o anche solamente per consultare alcuni pannelli didattici davvero molto interessanti. Superato un ponticello si abbandona la mulattiera per inerpicarsi ripidamente sulla sinistra seguendo il segnavia n. 527, si ridiscende di nuovo sul fondo del vallone e ben presto mi ritrovo in un orrido particolarmente suggestivo tra pareti strapiombanti. Continuo seguendo scrupolosamente il sentiero marcato 527 tralasciando le numerose diramazioni, dopo alcuni tratti ripidi esco dal bosco in un’ampia conca selvaggia cosparsa di piccoli torrioni e guglie, passo accanto alla baita Rondi ristrutturata con cura dove alcuni cavalli pascolano serenamente. Tralascio il 519 e seguendo il segnavia 527 passo dietro alla baita, dopo un meraviglioso maggiociondolo rientro nuovamente nel bosco, con un ultimo strappo arrivo sul ripiano del Pradaccio, dove sorge la piacevole costruzione del bivacco Dante Testa 1489 m, l'interno è perfettamente in ordine e ben curato, dispone di 6 posti letto, per pernottare al bivacco è necessario contattare il Sig. Rinaldi Camillo 035 71 48 77. Mi fermo a riposare, nel frattempo arrivano anche altre persone, per la via del ritorno decido di seguire il segnavia n. 530 per Cavlera, un cartello posto su un albero alla sinistra del bivacco ne segnala la giusta direzione, con alcuni saliscendi in un ambiente che definirei quasi dolomitico arrivo sotto alle pendici del M. Secretondo (in dialetto bergamasco Segredont). Raggiunto un cartello ne seguo le indicazioni, il sentiero è poco visibile per cui bisogna porre qualche attenzione nel scegliere bene il percorso di salita, in breve raggiungo la croce a 1555 m, anche oggi il panorama è caratterizzato dalla presenza delle nuvole che ne impediscono la visuale, dopo una piccola sosta riprendo il sentiero 530 che seguo fino al Passo di Bliben 1277 m. Arrivato al passo dopo un roccolo scendo leggermente fino ad una cappella con una Madonnina, abbandono il 530 e seguo a destra il 529 segnalato da una palina segnavia, al seguente bivio tralascio il 529A e proseguo diritto, al contrario del percorso fatto al mattino in cui ho incontrato diverse persone che salivano ora mi ritrovo solo, attraverso boschi e splendide radure e seguendo i segni bianco rossi del 529 mi ritrovo in località Belö su una strada col fondo in cemento, mi disseto alla fresca fontana accanto ad una casa e in breve seguendo la strada fino al ristoro GAV, da dove poi raggiungo l'auto. Escursione ad anello particolarmente lunga, con alcuni tratti ripidi, da non sottovalutare il dislivello e gli innumerevoli saliscendi.
Malati di Montagna: Fabio

giochi di luce sul sentiero...

Monte Secretondo 1555 m (in dialetto bergamasco Segredont)

Bivacco Dante Testa 1489 m

acque cristalline

martedì 8 giugno 2010

La dura vita in montagna...

Ciao,
mi chiamo Nando, ho 77 anni, vivo in Val Sabbia, sopra Brescia... 77 anni duranti i quali ne ho viste di cotte e di crude.
La guerra per fortuna non l'ho fatta, ero troppo piccolo. Ricordo solo che mia madre mi nascondeva nel bosco quando sentiva odore di tedesco. Io non avevo paura, al bosco ci ero abituato: la casa era in mezzo al bosco e nel bosco andavo ad aiutare i miei fratelli piu' grandi a pascolare gli animali.
Ricordo molto bene la fame del dopoguerra. Ormai ero grande e la scuola non aspettava certo me e a casa c'era bisogno di dare una mano. Cosi' ho imparato a fare formaggi e a portare in giro gli animali, ma era difficile sfamarsi e la fatica era tanta.
Una domenica, al bar del paese in valle, ho incontrato il Gino, un vecchio amico di infanzia. Eravamo a meta' degli anni 50 ed avevo in tasca solo pochi spiccioli per un calice di rosso e per portare al cinema a Brescia la Rosi, che poi diventera' mia moglie: sara' capitato due, tre volte all'anno. Il Gino aveva trovato lavoro in basso, in un'officina, e mi aveva parlato tanto bene della sua nuova vita. Aveva una bicicletta, uno stipendio fisso che arrotondava facendo vari lavoretti per conto suo, si stava per sposare ed abitava in una casa dove arrivava l'acqua in casa e anche la luce. Non sapeva ancora se, da sposato, avrebbe vissuto nella sua casa, che era un po' piccola, e si stava dando da fare per cercarne una piu' spaziosa.
Mi aveva fatto piacere rivedere il Gino, ma soprattutto mi aveva fatto piacere sentire che era possibile vivere una vita migliore. Guarda questa cicatrice: a momenti con quel colpo sbagliato di accetta mi staccavo una mano. Qui non c'erano dottori, ne' ambulanze: ho fatto tutto io, salvando la mano, ma la cicatrice e' rimasta ben visibile. Questa era la vita lassu'.
Ma la vita era fatta anche di dure fatiche alternate da lunghi periodo di ozio, dove dormivo o vagavo nel bosco per mio piacere, cacciando qualche animale o, se era stagione, alla ricerca di funghi, mica solo i porcini, come si fa adesso.
Poi un giorno ho deciso di provare: mi sono messo l'abito migliore e sono sceso a valle tenendo le scarpe belle nella sacca, per non rovinarle. Gino non c'era piu', si era spostato con la moglie e nessuno sapeva dove. Pero' avevo trovato l'officina dove lavorava e qui il padrone mi ha preso: poche lire a settimana, potevo pero' dormire nel retro dell'officina. L'odore di grasso e di ferro arrugginito riempiva l'aria, ma ero contento. Le serate le passavo con gli amici: pochi di loro venivano dai monti e pochi potevano capire la grande avventura che stavo facendo.
Talvolta aiutavo il fornaio a preparare il pane durante la notte e poi di mattina andavo in officina. Era dura, ma meno dura che sui monti.
Ed era ancora meno dura sapendo che la domenica andavo a trovare la Rosi.
Ho preso in affitto una casa sul fiume e ci siamo sposati in paese. Il viaggio di nozze, se si puo' chiamarlo cosi', lo abbiamo fatto al lago: tre giorni che mi sembrano finiti ieri.
Non mi posso lamentare della vita che ho avuto. Abbiamo avuto un maschio e una femmina, che sono nati e cresciuti qui in valle, dove il cemento e i capannoni hanno preso a calci i boschi. Nello stesso periodo ai monti non e' rimasto praticamente nessuno: dopo la morte della vecchia Maria, anche l'ultimo alpeggio ha chiuso e le vacche sono state vendute dagli eredi al primo offerente. Ogni tanto tornavo su, per vedere come andavano le cose e per tenere in ordine la casa dei miei genitori, l'unica cosa che mi hanno lasciato insieme alle prime scarpe da citta'. Pulivo la casa, ma soprattutto pulivo fuori, dove le piante stavano invadendo ogni spazio. Un giorno, ero gia' in pensione, ero cosi' arrabbiato che ho comprato un decespugliatore e sono andato a fare strage di tutte le erbacce che ormai coprivano il sentiero. Una faticaccia terribile, che mi ha bloccato la schiena per una settimana.
Vuoi sapere una cosa buffa? Ho 77 anni e ormai non mi muovo piu' da qui, tra la nuova statale della valle e il fiume, dove e' da anni che non si pesca nulla. Mia figlia invece si e' sposata ed ora vive nella casa sui monti, dove ha aperto una trattoria, un bedenbrecfast, come lo chiama lei e il sentiero ora e' sempre pulito. La Rosi va su di domenica a dare una mano in cucina, ma io no: c'e' troppa gente. Pero' ora il bosco e' di nuovo tenuto pulito e mi hanno detto che sono tornati anche i cervi. E la domenica sera la cena e' garantita dagli avanzi della trattoria.

PS. Nando, Rosi, Gino e compagnia bella sono nomi di fantasia. Il resto della storia no ed e' un pezzo della storia delle nostre montagne

domenica 6 giugno 2010

Il Gölem la montagna dei Bresciani

Ci sono vari itinerari per raggiungere il Gölem come viene chiamato in lingua lombarda ed erroneamente italianizzato in Guglielmo solo in epoche recenti, quindi, senza alcun riferimento al nome proprio di persona, quello che parte da Zone 650 m è forse uno degli itinerari più lunghi, con un dislivello di poco inferiore ai 1300 m, l'ho notato salendo e incontrando poche persone, anzi a dire la verità quasi nessuno. Lascio la macchina nel parcheggio accanto all'acquedotto dove volendo si può fare rifornimento d'acqua, a pochi metri sorge la bellissima chiesa di San Giovanni Battista del XVII sec., poco più avanti si arriva ad un incrocio, si prosegue diritti seguendo le indicazioni per il M. Guglielmo, dopo aver costeggiato il campo sportivo in breve la strada asfaltata termina in località Nembre. Da qui ha inizio il Sentiero degli Gnomi, corrispondente al segnavia 227, salendo all'interno di un bel bosco di abeti rossi, vengo accomagnato da una serie di gnomi e animali intagliati dall’artista locale Luigi Zatti, detto il “Rosso”, le sculture sono ricavate da tronchi d’albero tagliati, ma che conservano ancora le radici ancorate nel terreno, camminare nel bosco degli gnomi è un’esperienza che regala un po’ di magia a bambini e adulti e ogni scultura ha qualcosa da raccontare, l'importante è rimanere in silenzio!!! La mulattiera acciottolata finisce in corrispondenza della strada sterrata del Vandül-Sponde dei Veder, proseguo sulla destra seguendo le indicazioni per M. Guglielmo, ripidamente con vari tornanti la strada sterrata arriva alla baita Casentiga 1406 m dove mi fermo alla fonte per rinfrescarmi, riprendo ora il sentiero che si inoltra nel bosco, in breve mi ritrovo all'aperto, dalle creste delle montagne scivola come un manto leggero la nebbia, passo accanto a un abbeveratoio dove mi fermo a dissetarmi, proseguo fra balze erbose sotto la parete del Corno del Bene, arrivato sul crinale del Giogo della Palla 1727 m non si vede nulla tranne enormi tappeti di fiori. Il sentiero prosegue in piano e dopo aver costeggiato sulla sinistra una grossa pozza d'acqua riprendo di nuovo la salita su strada sterrata, ad un bivio svolto a sinistra e arrivo ad un grosso alpeggio, ora il sentiero contrassegnato da segni bianco/rossi piega decisamente a destra, costeggiando la montagna arrivo quasi alle spalle del rifugio Almici 1861 m. Alla destra del rifugio inizia il sentiero che porta verso la cima contrassegnato 3V (Alta Via delle Tre valli realizzata nel 1981), nei rari momenti in cui la nebbia si dirada intravedo il monumento al Redentore, eccomi finalmente in cima a Castel Bertino 1948 m, ci sono parecchie persone di ogni età, per la gente del posto è una meta ambita soprattutto per il panorama, che oggi purtroppo causa nebbia non si vede, mi siedo in disparte osservando l’imponente e aguzzo Monumento al Redentore, inaugurato il 24 agosto del 1902 dal vescovo di Brescia mons. Giacomo Corna Pellegrini, alla presenza di non meno di 10.000 persone salite da ogni parte, curiosamente a prestare servizio all’altare c'era un certo Giovanni Battista Montini, destinato poi a diventare papa col nome di Paolo VI. All'improvviso le nuvole si fanno in disparte, lasciando spazio all'azzurro del cielo, appoggio la testa alla zaino e mi faccio coccolare dai raggi caldi del sole, chiudo gli occhi e per qualche minuto mi appisolo... Riprendo la via del ritorno seguendo il medesimo itinerario dell'andata, mi fermo sovente ad osservare a respirare. colori e profumi, che fanno bene alla mente e al cuore, escursione davvero molto bella, peccato solo che le nuvole mi abbiamo impedito di vedere i panorami tanto decantati dalla cima, ma anche questo fa parte delle Terre Alte.
Malati di Montagna: Fabio

sul sentiero degli gnomi

loschi individui mi osservano
Monte Guglielmo o Gölem 1957 m
magari ero in paradiso...